IMPRESSIONANTE SUPERCELLA SU CRESCENTINO (VC), lunedì 10 luglio 2017
Sul bordo estremo orientale di una vistosa saccatura collocata sull’ovest Europa, intense correnti sud-occidentali inserite in un contesto di caldo molto intenso ed energia elevata, attraversano le regioni dell’Italia settentrionale. Nella giornata precedente, domenica 9 luglio, ZenaStormChaser ha tentato una prima uscita a cavallo tra il Piacentino ed il Modenese ma senza alcun successo; il richiamo di venti meridionali africani alle quote superiori, aveva reso l’atmosfera estremamente cappata, e quindi poco propensa a generare temporali, anche se i presupposti per l’innesco di fenomeni estremamente violenti, sussisteva anche per questa giornata. A tal proposito, ecco il messaggio che avevamo scritto sulla nostra pagina FB relativamente all’allerta per fenomeni violenti pronosticata proprio per domenica 19 luglio:
“I temporali MANCATI di domenica 9 luglio; COSA è andato storto?
Noi di ZenaStormChaser, abbiamo tentato di risalire alla radice di questo errore previsionale, analizzando i valori di temperatura pronosticati ieri pomeriggio alle ore 15UTC e 18.00UTC dal modello WRF Meteonetwork.
L’onda anticiclonica africana che ci ha interessati la settimana scorsa, ha introdotto sul bacino del Mediterraneo, masse d’aria molto calde di origine subtropicale africana. Queste masse d’aria vanno poi a costituire un vero e proprio “tappo” d’aria calda in quota che impedisce lo sviluppo di temporali.
Gli stormchasers sono soliti definire questa situazione col termine di “strong cap”, italianizzato “atmosfera cappata”.
Tale situazione avrebbe dovuto in parte risolversi dal pomeriggio/sera di ieri, quando il passaggio di un cavo d’onda alle medie quote dell’atmosfera, ha introdotto un po’ di vorticità ma senza alcun reale calo della temperatura. Vi è quindi stata una sottostima sulla consistenza e sulla tenacia del “tappo” d’aria calda presente sulle pianure.
Come si forma un temporale?
Qualsiasi temporale trae origine dal sollevamento forzato di una massa d’aria caldo-umida dalla superficie terrestre verso l’alta troposfera. Questo sollevamento non riesce quasi mai a verificarsi in modo spontaneo ma necessita di alcuni “aiuti” esterni; questi aiuti possono essere costituiti dall’arrivo di un fronte, quindi dall’incontro/scontro tra due masse d’aria aventi diverse caratteristiche, oppure costituito dalla presenza di un rilievo.
Cosa significa avere un’atmosfera cappata?
Quando una certa porzione di atmosfera viene interessata da una avvezione d’aria molto calda, distribuita su diverse altitudini, possono formarsi con grande facilità degli strati d’aria aventi una temperatura superiore rispetto agli strati circostanti. Questo particolare profilo dell’atmosfera, caratterizzato da improvvisi aumenti della temperatura in aria libera, impedisce la spinta di galleggiamento, cioè il principio termodinamico sfruttato dai temporali per crescere e mantenersi in vita.
Generalmente quando un temporale riesce a varcare uno strato d’aria calda tenace, può acquistare facilmente caratteristiche di forte intensità. In queste situazioni vi è una forte selezione, i temporali che possono sopravvivere rimangono pochi, talvolta uno soltanto. L’aria caldo-umida tutt’attorno, converge verso questi pochissimi cumulonembi che possono dare luogo a fenomeni molto intensi.
Il livello “severe 4” era riferito proprio a questa eventualità, anche se da parte di molti previsori (compresi noi stessi) vi è stata una sottostima sulla reale tenacia dello strato di inversione presente nel pomeriggio di ieri, domenica 9 luglio, sulla Valpadana.
Le due cartine di previsione riferite alle ore 15.00UTC di domenica 9 luglio, mettono in evidenza valori elevati di temperatura presenti rispettivamente alle quote isobariche di 850hpa (circa 1500 metri) e 925hpa (circa 1100 metri), con picchi termici particolarmente vistosi sull’Emilia Romagna e sulle basse pianure in genere.
Al suolo è inoltre venuta a mancare una convergenza definita tra la dry line appenninica (fronte d’aria secca) e lo Scirocco in risalita dall’Adriatico. L’origine di questo grossolano errore da parte dei modelli, deriva da una difficoltà degli stessi nella lettura delle dinamiche a scala locale, influenzate dalla presenza dei rilievi montuosi.
Inoltre la presenza di un MCS (Convective Mesoscale System) nella serata nottata di sabato 8 luglio, con la sua potente ventilazione di “outflow” (aria fresca in uscita dal temporale) potrebbe aver creato un’interferenza locale nella circolazione dei venti, impedendo allo Scirocco adriatico di risalire sino alle pianure dell’Emilia Romagna.
William Demasi – ZenaStormChaser”
Lunedì 10 ha quindi presentato delle caratteristiche circolatorie assai diverse rispetto a quelle verificatesi appena 24 ore prima, in questo caso le quote superiori non erano più occupate dall’aria calda africana che creava un “tappo” nei confronti della libera convezione, avevamo invece a che fare con una massa d’aria di origine oceanica e pertanto per sua stessa natura più instabile e leggermente meno calda alle quote superiori. In questo particolare contesto, è bastato un contributo minimo di instabilità portato da queste masse d’aria per creare le condizioni favorevoli alla formazione di isolate ma intense celle temporalesche.
I parametri di shear elevato ed il CAPE (Convective Available Potential Energy) anch’esso su valori elevati, andranno a costituire linfa vitale per la crescita di una supercella estremamente potente che, innescatasi poco ad est della città di Torino, si è poi mossa verso la pianura del vercellese, andando a colpire duramente località come Trino e Crescentino (VC), colpite da raffiche lineari di downdraft sino a 150km/h. Nelle fotografie qui proposte, le fasi salienti della supercella, prima di essere investiti dalle violentissime raffiche di downburst con possenti raffiche di vento anche al suolo.